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Itinerari turistici artistici e culturali

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Le riserve naturali gestite dal
Dipartimento Azienda Regionale Foreste Demaniali

Vallone Calagna sopra Tortorici

 
Denominazione
RNO Vallone Calagna sopra Tortorici
Provincia
ME
Comuni
Tortorici
Estensione zona A - zona B
37,24 Ha di cui 24,12 in zona A e 13,12 in zona B
Riferimenti geografici
I.G.M. - F. 252 II S.O.
Data Istituzione
D.A. 364 del 26/07/00 (Piano Reg.)



 
Informazioni generali

Tortorici è raggiungibile da Messina, da cui dista 103 km, attraverso il seguente itinerario: s’imbocca l’autostrada A20 (ME/PA) e si esce a Brolo (al km 72,8); da qui si raggiunge la Statale 113, tramite la bretella A30/SP143 e si prosegue verso la Statale 116 in direzione Castell’Umberto. Poi, attraverso la provinciale 157, si percorrono 9,5 km verso Tortorici. Il Vallone Calagna si trova fuori dell’abitato del paese.

Il Vallone Calagna: piccolo eden per una pianta relitta

Dal satellite una macchia verde caratterizza inequivocabilmente la parte settentrionale della Sicilia: è l’area delle grandi foreste nebrodensi.
L’influsso che il Mar Tirreno ha sul versante nord dei Nebrodi è tale che un’intensa umidità si incanali lungo i valloni, mantenendosi anche grazie alla ricca copertura arborea: queste condizioni hanno consentito la sopravvivenza di particolari specie vegetali ed animali sopravvissute all’Era Terziaria.
Sui Nebrodi il tasso e l’agrifoglio, che in tempi remoti vegetava con esemplari di grandi dimensioni (oggi se ne trovano sulle Madonie a Piano Semprìa e in pochissimi altri siti europei), rappresentano esempi di veri e propri “relitti” botanici (anche se sembra improbabile paragonare queste piante a dinosauri viventi!).
Borgo rurale di Padirà: piccolo e caratteristico, versa in stato di abbandono, va recuperato.
Ruderi del vecchio mulino ad acqua.

Il Vallone Calagna (o “Calagni”) si trova poco distante dal centro abitato di Tortorici, a circa 600-700 m di quota in direzione sud-ovest: sul fondovalle scorre il corso d’acqua che scende dalla sorgente Padirà, poco prima di confluire nel torrente Calagni che evolve in diversi incavi torrentizi che solcano i fianchi del Pizzo di Sceti (970 m), di Portella Calcatizzo (892 m) e di Pizzo Uncina (1.282 m).
La riserva tutela una porzione di questo territorio perché ospita la principale stazione di Petagna saniculaefolia Guss., una specie endemica del territorio nebrodense, relitto dell’antica flora dell’era terziaria (durata da 65 a 2 milioni di anni fa), che si è conservata grazie alle particolari condizioni di altitudine, umidità e temperatura che si sono venute a creare nel vallone ed al fatto che le acque sono fresche e correnti.
Per questo motivo, la Petagna, il cui nome volgare è falsasanicola, è tutelata dalla Convenzione di Berna ed è stata inclusa nella “Lista Rossa” delle piante a rischio di estinzione in Sicilia.
La Regione siciliana, nel settembre del ‘97, ha recepito la direttiva dell’UE sulla conservazione degli habitat naturali, prendendo in considerazione questo sito, ponendolo sotto particolare tutela.
L’istituzione dell’area protetta ha, quindi, iniziato il suo corso e si è approdati alla definizione di una riserva naturale integrale, cioè sottoposta a vincoli molto rigidi affinché non vengano alterate le condizioni ambientali che consentono la sopravvivenza non solo della specie protetta, ma anche dell’insieme di quelle rare per l’area nebrodense.
Si tratta di un ambiente umido, ricco di una folta vegetazione acquatica e ripariale, di particolare interesse botanico. Anticamente in zona funzionavano mulini ad acqua, di cui restano tracce nel territorio della riserva. Poco distante, si trova il centro storico di Tortorici che ricade nell’ambito di due aree naturali protette: il Parco dei Nebrodi e la riserva del Vallone Calagna sopra Tortorici.
Gli appassionati di botanica ed ecologia o di fotografia naturalistica che desiderano esplorare la riserva è bene che concordino una visita guidata con l’ente gestore visto che il regime di protezione è particolarmente rigido.

MUSEI E CENTRI VISITA
• Centro di Storia Patria con annesso Museo dell’artigianato locale, piazza Faranda, tel. 0941.421692.

COMUNE DI APPARTENENZA
• Tortorici – 445 m s.l.m. a 100 km da Messina; CAP 98078 prefisso telefonico 0941; abitanti 8.484 (tortoriciani).
• Stazione ferroviaria più vicina: Capo d’Orlando (a 30 km).

INFORMAZIONI
• Pro loco di Tortorici, tel. 0941.421450.
• Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico di Messina: via Calabria, is. 301, 98122 Messina,
tel. 090.640221- fax 090.6411047;
via Calabria, is. 301 bis angolo via T. Capra, 98122, tel. 090.674236; Area di servizio AGIP, 98128 Tremestieri (ME) tel. 090.730713.
• Ufficio Provinciale Azienda (U.P.A.) di Messina, via Tommaso Cannizzaro n. 88, Messina - tel. 090.662820.
• Distaccamento forestale di Tortorici, tel. 0941.421466.
 

Flora

La Falsasanicola
Pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle ombrellifere (ma sarebbe più corretto dire “apiacee”) il cui nome scientifico è Petagna saniculaefolia Guss. (1827) e secondo la nuova nomenclatura botanica Petagnea gussonei (Sprengel) Rauschert. La falsasanicola deve il suo nome al fatto che le sue foglie somigliano a quelle della Sanicula europaea che è ampiamente diffusa negli stessi ambienti, ma dalla quale si differenzia profondamente sia per l’aspetto (frutti e infiorescenze molto diverse) che per le esigenze ecologiche, molto più specifiche e ristrette per la P. saniculaefolia.
La nostra falsasanicola è una pianta poco evidente, in inverno si nota pochissimo, in quanto appaiono solo le foglie pedicellate che partono direttamente dal rizoma sotterraneo.
E’ in primavera che la Petagnia fa il suo exploit: dalla massa fogliare si diparte uno stelo che può ramificarsi, sulle cui cime si formano delle infiorescenze caratterizzate da delicati fiorellini bianchi. Al contrario delle altre ombrellifere, la falsasanicola non ha infiorescenze ad ombrello ma “a cima bipara”, lo stelo si biforca, e presenta da 1 a 3 ramificazioni che fanno la stessa cosa a loro volta per due o tre volte: in cima sta un’infiorescenza formata da un fiore centrale senza stelo, che può essere femminile o ermafrodita e da 3-4 fiorellini maschili saldati più in basso.
La falsasanicola ha alcune caratteristiche che la rendono particolarmente esigente dal punto di vista ecologico: questa pianta, infatti, non ha un sistema di sostegno interno dovuto a tessuti di rinforzo e resta eretta solo grazie al turgore cellulare dovuto alla pressione dell’acqua contenuta dentro la pianta.
Per questo motivo la nostra endemica deve vivere a stretto contatto con l’acqua, non importa se direttamente o meno.
La sua radice è un rizoma carnoso immerso e infisso sul terriccio fangoso su cui si impiantano spessi feltri di muschi tra i quali dominano diverse specie autoctone: l’acqua non deve essere statica ma fresca e corrente, ben ossigenata, limpida come quella delle sorgenti e dei ruscelli localizzati tra i 400 e gli 800 m di quota.
Da questo punto di vista il Vallone Calagni si presenta in condizioni particolarmente favorevoli per l’insediamento di questa pianta (a 640 m di quota) che, sui Nebrodi, è presente solo in pochissime altre stazioni.
Un’altra caratteristica particolare della falsasanicola è che le sue foglie hanno aspetto diverso: le basali sono pentagonali e lobate, con lunghi piccioli, mentre quelle dell’apice sono quasi del tutto prive di picciolo e profondamente incise a formare segmenti (lacinie) più slargati sulla sommità e con margine inciso-dentato.
La pianta raggiunge un’altezza variabile tra i 15 ed i 45 cm ed il fusto, che può essere nudo o foglioso, si presenta striato. La P. saniculaefolia fa parte del sottobosco di roverella e nocciolo, insieme ad altre specie rare per i Nebrodi, come la Lysimachia nemorum L. l’Heracleum sphondilium L., var. cordatum Presl e il Rhynchocoris elephas L. Griseb.
In questo contesto si trovano molte piante erbacee di cui parecchie graminacee, ombrellifere, il ranuncolo strisciante dai lucidi petali di colore giallo intenso, il clinopodio dei boschi dalle infiorescenze violette o porporine, il giunco comune e il trifoglio dei prati.
Il sottobosco del querceto è popolato dal Geranium versicolor L., dalla Viola reichenbachiana, dalla Sanicula europea, dalla fragolina di bosco, dalla primula, dall’erba roberta per citarne alcune. Nel sito si trovano anche il non ti scordar di mé, la coda cavallina, tipica degli ambienti umidi, il capelvenere e molte specie di muschi (scientificamente più corretto dire “musci”).
Molte sono le piante presenti nel sito, ma per evitare una sterile trattazione rimandiamo il lettore alle pubblicazioni specialistiche sicuramente rinvenibili presso le biblioteche degli orti botanici siciliani.

Il nocciolo
Si trova in forma arbustiva o di alberello, dai fusti sottili, ramificato e flessuoso con pronunciata tendenza a cacciare getti basali che gli fanno assumere l’aspetto cespuglioso.
Le foglie, caduche e dal margine irregolarmente dentato, sono di colore verde intenso superiormente e cosparse di peluria inferiormente (strategia per mantenere quanto più possibile l’acqua che fuoriesce dalla traspirazione della pianta).
Fiorisce in inverno, prima della comparsa delle foglie, con lunghe infiorescenze maschili pendule (amenti) raggruppate a 2-4 di colore giallo-brunastro, mentre i fiori femminili, eretti ed infissi sui rami, sono marroni con stili di colore rosso intenso.
È conosciuto per il suo frutto (nocciola) che matura in autunno e viene impiegato nell’industria dolciaria. Ricco in tannino, trova impiego tra l’altro nell’industria farmaceutica. Vive anche allo stato spontaneo lungo i corsi d’acqua e le aree umide nelle zone montane e submontane. Ama i suoli profondi, calcarei, ben drenati, al riparo dai venti, in posizioni soleggiate o a mezz’ombra. Nel territorio di Tortorici, Ucrìa, Galati Mamertino e S. Domenica di Vittoria, viene coltivato in forma estesa.

 

Fauna


 

La Storia, Il Paesaggio e l'Uomo

Costituito da 72 frazioni sparse sul territorio circostante, Tortorici sorge alla confluenza di tre torrenti le cui acque sono state per questo paese “croce e delizia”: hanno assicurato la fertilità del luogo, la riserva idrica agli abitanti, ma sono state anche la causa di disastrose alluvioni.
Non ci sono precise notizie sulle origini di questo grosso centro, già esistente in periodo normanno. La leggenda lo vuole fondato da Patrone il Turiano, capo di un manipolo di Troiani, lasciati da Enea sulle coste sicule, di fronte alle isole Eolie che, dopo essersi inoltrato nel territorio, guidato da un percorso d’acqua, costruisce la Torre Tudit sul luogo di elezione.
Segni di questa leggendaria origine sono scarsi e frammentari reperti archeologici che, se non proprio dei Troiani, indicano la presenza in queste località di Greci e Romani. Dal XII al XVII sec. Tortorici attraversa alterne vicende che la vedono “oggetto di desiderio” di emergenti famiglie locali. Nel 1628 diviene definitivamente città demaniale col diritto di essere rappresentata al Parlamento siciliano.
Nel 1682 una terribile alluvione squassa il paese fin nelle fondamenta facendo franare il vecchio sito di Santo Stefano.
In questo disastro sono andati perduti edifici di pregio ed opere d’arte, come accade di nuovo durante l’alluvione del 1753. Anche se il tessuto urbano di Tortorici è stato tante volte stravolto, rimane fino a tutto il XIX sec. un centro economico fiorente, crocevia del commercio di prodotti agricoli e zootecnici, sede di fabbriche e opifici. Qui sorgono mulini ad acqua, filande e laboratori artigianali dove si producono ricercati organi a canne, mobili d’arte, oggetti in oro e argento e fonderie, funzionanti fino a trent’anni fa, nelle quali sono state realizzate famosissime campane (se ne trovano nelle chiese di tutta la Sicilia e anche altrove) e pregiati prodotti in bronzo. Il paese è stato per lungo tempo anche un centro culturale raffinato, vengono qui istituite una Scuola di Studi Umanistici, una Scuola di Filosofia e Teologia, un’Accademia Letteraria.
Testimonianza dell’opulenza di questo grosso centro sono gli edifici religiosi, costruiti dal XVII sec., talvolta sorti sui relitti di quelli distrutti dalle alluvioni, come ad esempio la Chiesa di S. Francesco che riutilizza il prezioso portale quattrocentesco dell’edificio precedente.
Altre conservano numerosi dipinti ed opere d’arte, spesso prodotte da maestranze e artisti locali. Il patrono della città, San Sebastiano, viene festeggiato in maniera originale: trentadue “nudi”, giovani vestiti di bianco, il 20 gennaio trasportano in processione la Vara a piedi scalzi, attraversando il fiume: durante questa festa è tradizione portare a spalla rami di alloro e agrifoglio che, dopo la processione, vengono distribuiti nelle case e agli amici. L’evento si ripete il 9 maggio.
 

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