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Itinerari turistici artistici e culturali

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Le riserve naturali gestite dal
Dipartimento Azienda Regionale Foreste Demaniali

Isola di Filicudi e
Scogli Canna e Montenassari

Denominazione
RNO Isola di Filicudi e scogli Canna e Montenassari
Provincia
ME
Comuni
Lipari
Estensione zona A - zona B
635,93 Ha di cui 562,5 in zona A e 73,43 in zona B
Riferimenti geografici
I.G.M. - F. 244 III N.O.
Data Istituzione
D.A. 485 del 25/7/97 (Piano Reg.)







 
Informazioni generali

Filicudi è raggiungibile con nave ed aliscafo con partenza da Milazzo e Palermo. Per informazioni:
• SIREMAR sito web: www.siremar.gestelnet.it;
agenzie di: Milazzo, tel. 090.9221812 – fax 090.9283243; Filicudi, tel. 090.9889960 – fax 090. 9889969 e Palermo, tel. 091.582403.
• SNAV, agenzie di: Milazzo, tel. 090.9284509 e Filicudi, tel. 090.9844152.
• Società Eolie di navigazione, Corso Vittorio Emanuele n. 247, 98055 Lipari – tel. 090.9812055.

Filicudi: l’isola delle felci

L’origine di Filicudi è comune a quella delle altre isole dell’arcipelago eoliano e si lega all’intensa attività geotettonica del Mediterraneo nell’era Quaternaria, con stabilizzazione della catena appenninica avvenuta nell’era Terziaria. La parte visibile dell’isola è la sommità di una complessa struttura vulcanica sommersa.
Su Filicudi individuiamo sei centri eruttivi: i Fili di Sciacca (che si trova a nord di Filicudi Porto), lo Zucco Grande, la Fossa delle Felci (che con i suoi 773 m s.l.m. appare come la cima più elevata), il Monte Torrione (280 m s.l.m.), la Montagnola (333 m s.l.m.), e il Capo Graziano.
I primi quattro centri sono strato-vulcani centrali, formatisi dall’alternanza di colate laviche con prodotti scoriacei (bombe, ceneri e lapilli), mentre gli ultimi due sono tipiche cupole di ristagno, emerse durante le ultime fasi di attività vulcanica. Su Filicudi non esistono centri eruttivi attivi e nemmeno fenomeni di vulcanismo secondario, come sorgenti di acqua calda o fumarole.
La costa rocciosa, ripida e a tratti precipite, è perforata da numerose grotte e cavità laviche, la più conosciuta delle quali è la Grotta del Bue Marino: larga circa 30 m, profonda 20, con una volta a cupola che s’innalza per venti metri, e pareti formate da basalti colonnari, le acque sono limpidissime e la luce all’interno gioca producendo effetti incantevoli.
Sul fondale (la cui massima profondità arriva a 4 m), i frangenti hanno depositato ciottoli che sulla parete di fondo formano una suggestiva spiaggetta. Nei tempi passati questa grotta era rifugio della foca monaca, oggi estinta in quest’area del Mediterraneo.
La fantasia popolare immaginava la grotta abitata da esseri mostruosi; il nome stesso, comunque, richiama la foca monaca, anche se, secondo qualche altra versione, la definizione “bue marino” deriverebbe dal “mugghiare” delle onde dentro la caverna, quando il mare è in tempesta.
La vegetazione è fondamentalmente arbustiva e tipicamente mediterranea, caratterizzata da forti cespugli sempreverdi adattati ad un regime di scarsa piovosità e ai venti intensi. Le specie più frequenti sono l’erica, il corbezzolo, il lentisco, la ginestra comune, la ginestra delle Eolie e le felci.
Lungo la costa si insedia una vegetazione adattata all’ambiente saturo di sali costituita dal perpetuino delle Eolie, dal ginestrino delle scogliere, dalla carota delle scogliere e dal limonio delle Eolie. Molto appariscenti sono le vigorose macchie di euforbia arborea.
La fauna è povera come in tutte le isole vulcaniche lontane dalla terraferma. Sull’isola è frequente il coniglio selvatico, mentre sullo scoglio La Canna vive una sottospecie della lucertola delle Eolie: l’endemica Podarcis raffonei cucchiarai.
I migratori di passo sono interessanti e ben rappresentati considerando che l’isola, al pari delle altre, rientra nel percorso delle rotte migratorie dell’avifauna. Di transito o per brevi soste, è possibile avvistare anatidi (anatre ed oche), grossi trampolieri (aironi rossi e cinerini e fenicotteri), laridi (come i gabbiani), rapaci (come il falco della Regina, che nell’arcipelago eoliano è ben rappresentato con una popolosa colonia nidificante) ed altri ancora. La fauna ittica annovera le cernie, le ricciole e le aragoste.
I più bei paesaggi sommersi sono accessibili ai soli sub esperti, ai quali è riservata la sorpresa delle foreste di gorgonie, delle colonie - ormai rare - del corallo nero e delle fioriture del corallo rosso.Il museo di Lipari

Grazie alla posizione dell’arcipelago delle Eolie, innumerevoli sono i reperti di archeologia marina che si trovano al Museo di Lipari. Recuperare questi relitti, che vanno dal II millennio a.C. al 1675 (guerra franco-spagnola), è un compito difficile e costoso, che esige disponibilità di tempo, denaro e personale con competenze molteplici.
Al museo, in una sezione apposita, sono conservati i reperti di 15 relitti certi, recuperati soprattutto dai fondali più insidiosi per la navigazione, come le Formiche di Panarea e il Capo Graziano a Filicudi.
Gli oggetti sono i più disparati e vanno dalle dotazioni delle stesse imbarcazioni a manufatti che venivano commerciati, provenienti dagli scali più lontani e diversi. Una rassegna sommaria mostra relitti del Pignataro di Fuori, dell’età del Bronzo: anfore, ceramiche greco-italiche, italiche, imperiali, tardo-imperiali... e cannoni in bronzo di una nave da guerra spagnola (XVII-XVIII sec. d.C.).

MUSEI E CENTRI VISITA
• Museo Archeologico Regionale Eoliano
via del Castello, presso Acropoli, 98055 Lipari – tel. 090.9880174 e 9880594 fax 090.9880175.
Orario visite: feriali ore 09:00-14:00;
domenica e festivi ore 09:00-13:00; in estate la sezione classica è aperta anche nel pomeriggio.

COMUNE DI APPARTENENZA
• Lipari: abitanti 8.000 (liparesi) CAP 98055 prefisso telefonico 090.
• FRAZIONE: Filicudi: abitanti 450 (filicudari); centri abitati: Filicudi-Porto, Pecorini e Valdichiesa.

INFORMAZIONI
• Azienda Soggiorno Isole Eolie, corso Vittorio Emanuele n. 202 98055 Lipari – tel. 090.9880095.
• Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico di Messina: via Calabria, is. 301, 98122 Messina,
tel. 090.640221 – fax 090.6411047;
via Calabria, is. 301 bis angolo via T. Capra, 98122, tel. 090.674236; Area di servizio AGIP, 98128 Tremestieri (ME) – tel. 090.730713.
• Ufficio Provinciale Azienda (U.P.A.) di Messina, via T. Cannizzaro, 88 tel. 090.662820.
• Distaccamento forestale di Lipari, tel. 090.9880547.
 

Flora

Detto “Orchidea delle Eolie”, il cappero (Capparis spinosa subsp. rupestris), in primavera-estate produce fiori bellissimi dai petali bianchi con ciuffi di lunghi stami violacei.
Se coltivato forma cespugli bassi con rami flessuosi e prostrati. In natura colonizza le pareti rocciose, con portamento pendulo, i suoi rami si estendono sino a 3-4 metri di lunghezza. Le foglie, ovali e carnose hanno spine uncinate (da cui il nome della specie “spinosa”).
Dai fiori, solitari e provvisti di un lungo peduncolo, si produce un frutto carnoso lungo sino a 5 cm. Alle isole Eolie il cappero viene coltivato per i suoi boccioli che vengono “insalati” e conservati, ma anche i frutti, detti localmente cucùnci, posti sotto sale o in aceto sono altrettanto prelibati.
La produzione, condotta con tecniche tradizionali, è tipica delle isole circumsiciliane di origine vulcanica: Eolie, Linosa e soprattutto Pantelleria (i famosi “capperi di Pantelleria” sono boccioli molto piccoli).
 

Fauna

La foca monaca
Mammifero pinnipede ormai scomparso dalle coste italiane e a grave rischio di estinzione in tutto il Mediterraneo: ne sopravvivono circa 300 esemplari distribuiti fra Spagna, Mauritania, Tunisia, Grecia e Turchia.
Vorace predatore di pesci, è stato considerato dai pescatori un nemico da distruggere e, quindi, cacciato con pervicacia e a volte anche con barbarie. Le perdite numeriche eccessive non vengono compensate da altrettante nascite: le femmine raggiungono la maturità sessuale a 5-6 anni e partoriscono un solo figlio ogni due anni dopo una lunga gestazione (11 mesi).
La mortalità infantile, poi, è altissima: i cuccioli, allattati sino a quattro mesi, entrano in mare solo dopo lo svezzamento. Rifugiati in grotte marine, spesso muoiono a causa delle forti correnti e della forza dei frangenti. La specie affine hawaiana, grazie ad uno speciale regime di protezione, ha raggiunto i 1.000 individui.
Misure analoghe di salvaguardia sono realizzate in Grecia dove, col Parco marino delle Cicladi, è stata istituita un’area protetta destinata specificamente alla sua conservazione.
Ottima nuotatrice, goffa nel procedere a terra, la foca monaca deve il suo nome probabilmente al colore del manto, a pelo corto, che ricorda quello del saio dei monaci.
Il maschio è più possente della femmina e raggiunge i 280 cm di lunghezza ed i 400 kg di peso. La testa è rotonda con vibrisse (baffi) e sopracciglia molto lunghe.

Lo scoglio Canna e il falco della regina
Lo scoglio della Canna si erge come un torrione dritto e altissimo (supera i 70 m), formato dal sovrapporsi di strati lavici fortemente inclinati, lungo la rotta per Alicudi sul versante nord-occidentale dell’isola. Posto a 1,7 km dalla costa, insieme agli scogli di Montenassari e Scoglietto, rappresenta i resti di un antico prolungamento dell’isola, che nel corso del tempo è stato eroso dalle intemperie e dalla forza dei frangenti marini.
Dal punto di vista ecologico questo insolito scoglio è stato individuato e classificato come riserva integrale: è difatti il sito in cui si è localizzata una lucertola endemica, la Podarcis raffonei cucchiarai.
Ospita anche formazioni coralligene (alghe ed animali con scheletri calcarei), spugne e aragoste. Sulle sue pareti nidifica una colonia di falco della regina (Falco eleonorae), un falcone migratore di medie dimensioni dall’aspetto snello ed elegante, con ali e coda più lunghe rispetto agli altri congeneri, che nidifica sulle pareti alte e scoscese.
Normalmente insettivoro, nel periodo della riproduzione cambia dieta: mentre le femmine accudiscono i piccoli al nido, i maschi vanno in mare aperto a caccia di uccelletti migratori, passeriformi soprattutto, stremati dalla fatica del viaggio e, per questo, facilmente catturabili.
Suggestive le grida di richiamo che echeggiano dalle scure pareti laviche al momento in cui i maschi avvisano del rientro e le femmine rispondono.
In autunno inizia la sua migrazione seguendo il Nilo per andare a svernare in Madagascar (e in poche altre regioni centro-africane), dove torna alla dieta insettivora. E’ inserito nella lista rossa degli animali a rischio in Sicilia perché vittima di bracconaggio, del prelievo di uova e pulcini e del disturbo del turismo costiero sotto i siti di nidificazione
 

La Storia, Il Paesaggio e l'Uomo

Sullo stato di conservazione dell’ambiente di Filicudi vale quanto si è scritto di Alicudi, con la quale l’isola condivide la stessa posizione geografica.
Chiamata dai Latini Phoenicodes e Phoenicussa, l’origine di questo nome è controverso: improbabile l’ipotesi che fosse ricca di palme del genere Phoenix; altre ipotesi si riferiscono alla presenza di stabilimenti fenici. E’ più plausibile però che il nome derivi dalle felci che qui crescevano rigogliose.
Quest’isola presenta tracce di antichi insediamenti, i primi risalenti al 3.000 a.C. (ceramiche dello stile di Diana). Il sito più importante è quello della penisola di Capo Graziano che col suo nome ha dato un’impronta culturale alla società locale della prima età del Bronzo.
I materiali e le capanne costruite successivamente sono più raffinati e prendono il nome di cultura del Milazzese, fiorita sempre sulla Montagnola di Capo Graziano, ma ad un livello diverso; nello stesso luogo sono state rinvenute interessanti sepolture, in grotte naturali.
Alla fine del XIII sec. a.C. sembra essersi interrotta la vita sull’isola, che rimase disabitata per un certo periodo; comunque in loco sono state trovate tracce del periodo classico: abitazioni e ceramica nera d’impronta greca; del periodo romano resta una grande cisterna accanto ad un abitato contemporaneo.
Tra il materiale archeologico depositato al Museo di Lipari, grande interesse suscitano i relitti marini trovati sui fondali di Filicudi a Capo Graziano.
 

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