LA FLORA


Anni di sfruttamento incontrollato, incuria, saccheggi, appropriazioni anche indebite e degrado in genere hanno determinato a Santo Pietro lo sviluppo di una copertura vegetale definita dai tecnici "disomogenea", a testimonianza di un patrimonio che doveva essere il fiore all'occhiello di un territorio e che non è stato conservato come meritava.
Nonostante tutto questo si nota fortemente una presenza floristica importante e significativa di piante in tutta l'arca del bosco di Santo Pietro, retaggio di situazioni certamente più floride e tra le specie che ancor oggi ne possono essere il simbolo indiscusso possiamo citare il leccio, la roverella, la sughera, la quercia spinosa, l'olivastro, il carrubo, etc. e tra tutte la sughera è certamente il simbolo per antonomasia di questo territorio, una pianta sempreverde che fa fatto anche un certo tipo di economia locale perché a mezzo la cosiddetta "decortica" si estrae il sughero che trova largo impiego ed in particolare utilizzato per la fabbricazione del "linoleum" e di alcuni tipi di "agglomerati espansi", di uso edile e per l'isolamento tecnico ed acustico degli ambienti.
Ripetuti incendi nel corso degli anni hanno ridotto le superfici boscate originarie e nelle zone ove erano presenti querce, lecci, carrubi e sughere, a seguito del passaggio del fuoco, per ricoprire il soprassuolo, già a partire dagli anni `60 sono stati impiantati eucalitti e pini, sacrificando e mortificando le aree a macchia mediterranea che potevano avere un proprio sviluppo ed una propria evoluzione vegetazionale.
La vastità dell'area e la coesistenza di tante subaree e di microambienti ne ha fatto di Santo Pietro una specie di paradiso per le piante e quindi una sorta di manna per gli appassionati di botanica che possono ritrovare ed osservare anche specie rare per la flora italiana, quali l'elicriso siciliano (Helichrysum siculum), il Coris (Coris monspeliensis), il lino delle fate di Gussone (Stipagussonei) e tante specie di orchidee mediterranee.
Se il sughero è la pianta arborea che caratterizza quest'area, anche una pianta arbustiva non sfigura rispetto a quella: il corbezzolo, una pianta da taluni considerata anche il simbolo di Santo Pietro. Sughera e corbezzolo in questo contesto ambientale si possono considerare due gioielli botanici ed entrambi una presenza significativa ed importante dal punto di vista fitoclimatico e fitosociologico.
Anche se mani ignote hanno inflitto nel tempo ferite difficilmente sanabili, limitando o relegando lo sviluppo della macchia foresta che a Santo Pietro aveva una sua espressività, la vegetazione presenta ancor oggi i connotati di una biodiversità impensabile con presenze abbondanti di erica, cisti, timo, ampelodesma, palma nana in corteggi floristici arbustivi ed erbacei che compongono specifiche associazioni vegetazionali.
Primavera, estate, autunno ed anche inverno sono stagioni con un proprio colore. La Natura in ogni momento mostra una propria veste e per grandi linee si può dire in primavera sono dominanti i colori caldi (giallo, azzurro e violaceo), in estate i colori solari, (giallo e bianco), in autunno i colori terrosi (giallo, ocra e bianco sporco), in contrasto cromatico con le foglie spesso virate dal verde, mentre l'inverno si contraddistingue per il colore bianco di alcune fioriture precoci di fine gennaio e febbraio e per i rossi di molte fruttificazioni spontanee. Quanto detto sopra non è da prendere alla lettera, ci sono le infinite varianti come infinite sono le situazioni vegetazionali e ambientali, in ogni caso le diverse tonalità di colore nelle diverse stagioni attestano la continuità della vita e della vita che si trasforma.
Se i colori della natura nelle diverse stagioni sono più specificatamente riferiti alle piante erbacee, anche gli arbusti e gli alberi hanno un proprio habitus che si trasforma con le stagioni e la vicinanza di tanti arbusti o di tanti alberi in definitiva compone o un arbusteto o un bosco ognuno con colori diversi e caratteristici.
Nel caso del Bosco di Santo Pietro, oggetto della trattazione, molto interessanti e degne di menzione sono i coloratissimi cisti, bianchi o violacei, le coloratissime ginestre, per lo più gialle e tra le specie arboree le bellissime tonalità di verde delle foglie delle sughere in contrasto cromatico con i tronchi, ora grigiastri, ora rossastri, se decorticati o non decorticati.
Il Bosco di Santo Pietro si può considerare il polmone verde di Caltagirone ed anche il bosco dei boschi dei Monti Erei, ed anche se la sua integrità non è quella che ci tramandano i testi di storia, la sua presenza è segno inconfutabile di una realtà ambientale che deve essere rispettata, conservata, migliorata, ove possibile, e tramandata alle future generazioni.
Pini, eucalitti, acacie, robinie, etc., tutte le specie all'atto degli interventi reperibili nei vivai forestali regionali, hanno colmato col loro habitus i tanti vuoti del bosco originario di Santo Pietro, un bosco troppo sfruttato, un bosco troppo appetito, un bosco visto come area da depredare, un bosco che i locali hanno considerato una miniera inesauribile che invece si è esaurita.
Centinaia e forse anche migliaia di alberi annualmente e per tanti anni sono stati sacrificati per la carbonificazione, pratica molto in voga quando i tempi era magri e il gas non esisteva in tutte le case. Ciò che resta oggi degli alberi di Santo Pietro sono quindi le pagine vecchie di un libro di storia naturale che rappresenta la storia del popolo siciliano e del popolo calatino in particolare che dal Bosco di Santo Pietro ne ha tratto il proprio sostentamento.

 

 


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