Indice Demani

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Il  Demanio
Monte Lauro: storia e mito
Flora e Fauna: generalità
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Buccheri e Monte Lauro
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  demaniale

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LA REDAZIONE
 
 

Tratto dal volume
Il Demanio Forestale
Monte Lauro
Azienda Regionale Foreste demaniali

  

MONTE-LAURO: mito e storia

La denominazione toponomastica "Lauro" fa esplicito riferimento alla omonima pianta (Laurus nobilis L.) che nota sin dalla notte dei tempi ha sempre simboleggiato onore e gloria.
Empedocle di Agrigento (V sec. a.C.) definisce il lauro "suprema tra le piante" ed è notorio che nessun'altra pianta vanta una storia più gloriosa.
In una delle più poetiche leggende greco-romane, si narra che Apollo si sia innamorato ardentemente della ninfa Dafne e desiderava ardentemente farla sua.
La ninfa, che come Diana amava soltanto la caccia e la solitudine, vedendosi un giorno sorgere improvvisamente davanti il bellissimo dio, si impaurisce e fugge.

Apollo la insegue e sta già per raggiungerla, ma Dafne si abbatte al suolo implorando la gran Madre di salvarla dalla concupiscenza del dio. La Terra esaudisce la casta figlia. Il bel corpo della ninfa si inguaina di una ruvida scorza, le gambe mettono radici che si abbarbicano al terreno, dalle braccia escono rami fronzuti che si intrecciano alla chioma lussureggiante, così che quando Apollo abbraccia la fuggitiva raggiunta, non stringe che una pianta, il Lauro. Addolorato e commosso, il dio prende l'albero come emblema e si incorona della sua fronda. Da allora la gloria delle lettere, delle scienze e delle armi è premiata con il lauro. Innumerevoli sono le opere d'arte che ha saputo ispirare il mito di Apollo e Dafne, ma una eccelle sopra tutte, il gruppo marmoreo di Gian Lorenzo Bernini, conservato nel Museo Borghese di Roma, scolpito nel 1622.
Plinio, nel libro XVI della sua Storia naturale, dice che Giove volle mantenere il Lauro dal cielo per incoronare gli imperatori e narra la seguente leggenda romana: un'aquila, portando con il rostro una gallina bianca che teneva nel becco un ramoscello di Lauro, la lasciò cadere in grembo a Livia Drusilla che fu sposa di Cesare Augusto. Il ramoscello tanto proliferò da produrre una serva, che prese poi il nome di Gallinaria; lo stesso Augusto, divenuto imperatore, nei trionfi portò sempre in mano un ramoscello ed in capo una corona di Lauro di quella selva, e così fecero gli altri imperatori romani.

Et succensa sacris crepitet bene laurea flammis,
Omine quofelix et sacer annus erit
Laurus ubi bona signa dedit, gaudete coloni.

Si credeva pure, dagli antichi, che il Lauro avesse il potere di preservare dal fulmine e tale credenza conferma il Mattioli nei suoi Commentari a Dioscoride: «Dimostra essere il Lauro albero veramente celeste, la venerazione che gli portano gli impetuosi folgori; che partendosi dal cielo senza rispetto alcuno di divinità o grandezza di Principi, percuotono il più delle volte, ne' campanili delle chiese, ne le torri e ne' superbi palazzi del mondo, ammazzando molte volte gli huomini, troppo crudelmente; et nondimeno hanno in tanta veneratione il Lauro che non lo toccano mai se non quando il cielo vuol dar segno di qualche grandissimo male. Tiensi per certo che nelle case dove sieno i suoi rami, non percuota né entri alcuna sorta di fulmini. Al che attenendosi Tiberio Cesare, ogni volta che sentiva tuonare, si metteva in capo una ghirlanda di lauro». Pura superstizione, naturalmente, ma che non è ancora scomparsa.
 

I Greci celebravano le Dafneforie, feste in onore di Apollo, che avevano luogo a Tebe, e nei giorni ad esse destinati ornavano le case con corone di lauro. Un giovane, prescelto per la sua bellezza, chiamato dafneforo, tenendo in mano un ramo di Lauro, entrava nel tempio del dio, seguito da uno stuolo di giovani e di fanciulle, o ciò per commemorare la purificazione di Apollo dopo l'uccisione del Serpente Pitone.
Presso i Greci ed i Romani la corona di lauro significava festa se appesa alla porta della casa, mentre un solo ramoscello, pure appeso alla porta, stava ad indicare che nella casa vi era un ammalato, per il quale si chiedeva la salute ad Apollo per l'amore ch'egli ebbe a Dafne.
Con il lauro si incoronarono anche i sommi poeti:

Arbor vittorioso, trionfale
onor d'imperatori e di poeti,

    così la pianta venne chiamata da Francesco Petrarca, che ne ricevette solennemente la corona in Campidoglio.
A Roma, in occasione di una vittoria, si legava la lettera che portava la notizia con rametti di Lauro e tale lettera si chiama «littera laureata» ed il latore portava un ramo della pianta, che depositava davanti alla statua di Giove Ottimo Massimo.

Sempre a Roma, il 15 maggio, si celebrava la festa dei commercianti, in onore di Mercurio. I commercianti si recavano ad una fontana prescelta, nella quale immergevano un ramo di Lauro e con questo benedicevano le mercanzie.
Lauretano, antica città del Lazio, vicina alla costa, ora Torre di Paterno o più verosimilmente Casale di Capocotta, a nord-ovest di Pratica di Mare, ebbe il nome da un lauro che Latino, figlio di Telemaco e di Circe, re degli aborigeni abitatori del Lazio e suocero di Enea, trovò nell'Aree quando volle ampliare la città.
Leggiamo nell'Eneide di Virgilio:

Laurus erat tecti medio in penetralibus altis,
Sacra comam, multosque meta servata per annos,
Quam Pater inventam primas cum conderet arces
Ipse ferebatur Phoebo sacrasse Latinus,
Laurentisque ab ea nomen posuisse colonis

Nel Medioevo la corona simbolica destinata a cingere il capo dei giovani dottori, doveva essere di lauro, donde le parole "laurea" e "laureato".
Traggono la denominazione dal Lauro, perché la pianta senza alcun dubbio vi era diffusa, molti Comuni italiani, ad esempio: Laurana (Fiume), Laureana Cilento (Salerno), Laureana di Borello (Reggio Calabria), Laurenzana (Potenza), Laurìa (Potenza), Lauriano (Torino), Laurino (Salerno), Laurito (Salerno), Lauro (Avellino), Loreto (Ancona).
Relativamente al nostro "Monte", la leggenda vuole che un pastore di nome Dafni mentre pascolava le greggi nelle contrade del monte fu investito dal cataclisma del vulcano allora attivo.
Siccome Dafni nella tradizione latina è "laurus", da qui la denominazione del monte in "Monte Lauro", concomitante forse ad una presenza massiccia di piante di alloro in quel territorio.
Il tavolato ibleo, comprendente Monte Lauro, tra le piante indigene annovera anche l'alloro, specie rappresentativa della macchia mediterranea che assieme ad altre specie floristiche caratteristiche costituisce una specifica associazione vegetazionale denominata "lauretum".

 
 

 

 

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