LA RISERVA NATURALE

Il Monte Altesina si chiamava in antico Mons Aereus, (il monte aereo), probabilmente per via della sua forma svettante che lo innalza dal fondovalle con una forma appuntita visibile e riconoscibile da gran parte della Sicilia centrale. Esso venne preso persino a pietra di paragone per l'altezza nonostante non raggiunga i milleduecento metri sul livello del mare. Nei paesi vicini è ancor'oggi facile sentir dire "gatu quantu l'Artisina", (alto quanto l'Altesina).
La sua forma facilmente traguardabile, oltre alla sua posizione centrale, consentirono agli arabi di sceglierlo quale punto trigonometrico principale in Sicilia, e da esso fecero dipartire i tre Valli, le tre regioni amministrative che dividevano la Sicilia in età emirale e che rimasero tali sino alla decadenza del feudalesimo nel XIX secolo.
Sulla cima, almeno dall'età del bronzo, si stanziarono popolazioni indigene dedite alla pastorizia e protette dall'acclività dei versanti. Qui, tra le guglie rocciose erose dagli agenti atmosferici e lavorate dall'uomo, le ricerche archeologiche hanno portato alla luce le strutture di un abitato a più riprese utilizzato sino al medioevo. Tra i ruderi compaiono case, cisterne, ampie grotte artificiali a probabile uso cultuale. Più in basso, sui versanti del monte coperti dalla fitta foresta a quercine, compaiono diverse sepolture a grotticella artificiale scavate nelle emergenze di quarzarenite.
Dal medioevo il bosco, annesso al demanio della città di Nicosia, venne abitato da diversi eremiti che finirono per creare un convento attorno alla chiesetta di Santa Maria o di San Girolamo di Lartisina. Oggi del convento, detto Cummintazzu, rimangono i resti di una cascina utilizzata come rifugio dai frati, e parte delle strutture della chiesa. La comunità monacale sopravviveva con il ricavato del bosco e con la questua che veniva effettuata nelle masserie e nei borghi vicini. I versanti della montagna, gestiti oggi dalla Azienda Demaniale delle Foreste, sono quasi interamente ricoperti da una fitta foresta latifoglie composta essenzialmente da lecci, qui in trasgressione, posti cioè al di sopra della linea altimetrica che in genere ne limita la espansione. Ad essi si alterna la roverella, quercia anch'essa ma caducifoglia e, nel sottobosco, il pungitopo, l'edera, il ciclamino, la Dafne laureola, i cisti, l'ipocisto, i rovi e lo stracciabraghe. Le radure, utilizzate per l'alpeggio delle mandrie, sono inverdite da ferle, erba medica, asfodeli bianchi e gialli.
Fanno parte della fauna il picchio rosso maggiore, alcuni rapaci diurni come la poiana e lo sparviero, e rapaci notturni, barbagianni, allocco, assiolo. Frequente è la volpe e, più volte, è stato segnalato il gatto selvatico. La riserva, nei comuni di Nicosia e Leonforte, si estende per circa 744 ettari (593,2 di zona A e 150.7 di preriserva).
 

 

 

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